Sovranità limitata by Luciano Canfora

Sovranità limitata by Luciano Canfora

autore:Luciano Canfora [Canfora, Luciano]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-05-15T00:00:00+00:00


9.

La marcia atlantica

Quando, nel marzo del 1949 venne per la prima volta in discussione, nel Parlamento italiano, l’adesione al Patto Atlantico, Giorgio Almirante, leader del MSI, presentò, a nome del partito, un ordine del giorno solo apparentemente possibilista. La mozione, firmata anche da altri quattro deputati missini e presentata dal deputato Russo Perez, recitava: «La Camera, udite le comunicazioni del governo [...] prende atto del riconfermato intendimento di svolgere una politica europea che si inquadri nella necessità di risolvere nella pace e nella distensione i rapporti tra Occidente e Oriente [...] e invita il governo ad assicurare all’Italia quelle positive e tempestive garanzie che la particolare situazione del nostro paese richiede, e senza le quali entreremmo nel Patto Atlantico in palesi, pregiudizievoli e pericolose condizioni di inferiorità»6. La ‘condizione’ che il MSI poneva per l’ingresso nel Patto Altantico era «la revisione del Trattato di pace con particolare riferimento alle clausole sugli armamenti7 e sulla sorte della Venezia Giulia e delle colonie». Condizione alquanto velleitaria, e condita dal consueto invito alla «effettiva e totale pacificazione» in «politica interna». L’adesione in linea di principio dell’Italia al Patto Atlantico passò, «dopo cinquantadue ore di seduta ininterrotta» (scrive Taviani nelle sue memorie), il 20 marzo con 317 voti a favore e 175 contro. Da sola, la Democrazia cristiana disponeva di 305 deputati su 600.

Per meglio comprendere la situazione politica del momento, soprattutto sul piano dei rapporti internazionali, va ricordato che perplessità e ostilità aperta all’adesione al Patto Atlantico erano presenti anche dentro la Democrazia cristiana nonché in Vaticano (in particolare il cardinale Ottaviani) e che Francia e Canada soprattutto erano ostili alla scelta degli Stati Uniti di chiedere anche all’Italia di aderirvi. Su questo aspetto della vicenda è importante la testimonianza di Paolo Emilio Taviani nelle sue memorie8.

La situazione era resa ancora più imbarazzante perché nel corso della discussione, già il 16 marzo, emerse la questione, formalizzata nell’emendamento presentato da Togliatti, della eventuale concessione di basi militari di altri paesi sul nostro territorio. L’emendamento non poneva più in discussione l’adesione al Patto ma la condizionava all’impegno di non concedere «a nessun governo straniero l’uso del territorio nazionale per l’organizzazione di basi militari di qualsiasi genere»9. Gronchi, che presiedeva, era noto come non proprio favorevole all’adesione al Patto e dopo poco affidò la presidenza della seduta al vicepresidente Gaetano Martino. Interpellato dal proponente, il governo – nella persona del presidente del Consiglio, De Gasperi – formulò una risposta destinata ad essere smentita dai fatti: «Nessuno ci ha mai chiesto basi militari, e d’altra parte non è nello spirito dei patti di mutua assistenza fra Stati liberi e sovrani, come è il Patto Atlantico, di chiederne e concederne»10. È possibile che De Gasperi lo pensasse davvero. Sta di fatto che l’emendamento che avrebbe vincolato l’adesione al Patto al preventivo rifiuto di accogliere basi militari sul nostro territorio non fu messo ai voti perché – sostenne De Gasperi – già metterlo ai voti avrebbe significato «insinuare che sia in noi una convinzione diversa»! Così, l’adesione passò con



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